Il conflitto familiare, la critica al sogno americano e la responsabilità morale dell’individuo sono i temi al centro dell’opera Morte di un commesso viaggiatore, il testo più conosciuto dell’opera drammaturgica di Arthur Miller nonché uno dei più importanti del teatro contemporaneo statunitense.
Ed è proprio questo titolo – nella traduzione italiana di Masolino D’Amico – al centro della nuovissima produzione del Teatro della Città diretta dal regista Nicola Alberto Orofino e interpretata da Miko Magistro nei panni, appunto, del commesso viaggiatore Willy Loman.
Lo spettacolo – che fa parte del cartellone del Teatro Brancati – debutta mercoledì 8 febbraio, alle 17,30 al Piccolo Teatro della Città e sarà in scena fino a domenica 12 febbraio. In scena, accanto al protagonista Miko Magistro, Debora Bernardi, Luca Fiorino, Giovanni Arezzo, Francesco Bernava, Santo Santonocito, GianMarco Arcadipane, Daniele Bruno, Alice Sgroi, Lucia Portale.
“Morte di un commesso viaggiatore – dice il regista Nicola Alberto Orofino – è una storia di fallimenti in un mondo che si ostina a non contemplare le difficoltà. Il contesto che si rivela è quello in cui l’unica cosa che conta veramente è la creazione del profitto. Il mondo è quello in cui ancora oggi siamo immersi. Da questo punto di vista nulla è cambiato dal 1949, anno di pubblicazione del capolavoro di Arthur Miller, ad oggi. Anzi. Tutto è peggiorato. Sprofondato. Morte di un commesso viaggiatore racconta benissimo ancora oggi gli scarti umani, familiari e sentimentali che produce il glorioso capitalismo. L’analisi che viene fuori, spietata, macabra e senza nessuna speranza apparente, non poteva che essere concepita nel luogo in cui quel sistema economico e sociale dà il meglio di sé. L’America di ieri e di oggi, quella del sogno americano, ma anche quella dell’ideologia trumpista. Make America Great Again! Liberalismo estremo, competitività, fanatismo, materialismo, consumismo. Tutto si mischia nel mito americano”.
Se l’unico obiettivo della corsa è, però, arrivare primi, quali possibilità rimangono per gli ultimi?
“La risposta di Miller – continua il regista – chiude le porte alla luce e alla vita. La morte (anch’essa da capitalizzare con il riscatto dell’assicurazione) è l’unica possibilità che rimane a chi non arriva primo. È l’unica possibilità del commesso viaggiatore. Allo spettatore rimane il racconto di una parabola (morale) tutta giocata nel microcosmo familiare, cellula perfetta per narrare i meccanismi di quella cultura, agli uomini di oggi e di domani (si spera), la ricerca di soluzioni sociali, economiche, umane, filosofiche, per non morire da commessi viaggiatori”.
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