In tendenza

Migranti, tensione al porto dopo sbarco “selettivo”. Il “caso Catania” finisce al Tar e in tribunale

Gestanti, minori non accompagnati, famiglie e chiunque avesse imminente bisogno di cure mediche è stato fatto sbarcare dalle navi delle Ong, gli altri sono rimasti a bordo

Immagine generica di repertorio

Gestanti, minori non accompagnati e famiglie. Sono i primi migranti cui è stato concesso di scendere dalla Geo Barents di Medici senza frontiere, giunta ieri pomeriggio nel porto di Catania. Sulla sono saliti i medici dell’Usmaf che nel corso della serata di ieri hanno effettuato il triage ai restanti immigrati per individuare i fragili da far scendere a terra.

Poco prima delle 19.30 erano 240, su un totale di 572, le persone sbarcate dalla nave di Medici senza frontiere. Dopo lo sbarco, i migranti, in gruppo, sono stati trasferiti nell’alloggio temporaneo al palazzetto dello Sport di piazza Spedini. Su impulso del dirigente generale della Protezione civile, Salvo Cocina, che segue le operazioni emergenziali informando costantemente il presidente della Regione Renato Schifani, tutti gli uffici competenti alla logistica del Drpc sono stati attivati con il coinvolgimento di funzionari e volontari. A tutti i migranti è stato fornito un pasto caldo. Nella notte un uomo è stato fatto scendere per forti dolori addominali che non potevano essere curati a bordo. A bordo restano 214 migranti.

Dal Viminale, inoltre, hanno fatto sapere che dalla nave Humanity 1, sono stati fatti scendere “tutti i migranti che versavano in condizioni emergenziali (nuclei familiari, donne e minori) e in precarie condizioni sanitarie accertate dall’Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera – Usmaf”. Sono scesi complessivamente 144 migranti, di cui 102 minori (100 non accompagnati). L’unico nucleo familiare è composto da due minori e uno zio. Tutti i migranti scesi dalla nave, dopo le operazioni di prima assistenza e identificazione sono stati trasferiti nei centri di accoglienza. I 35 migranti rimasti a bordo della nave hanno ricevuto pasti caldi.

Dalla terza nave che si trova da giorni al largo delle coste catanesi, la Rise Above con 95 migranti a bordo, sono state fatte evacuare quattro persone con gravi complicazioni mediche. “Dopo 3 giorni in mare senza un porto sicuro, la situazione continua a peggiorare. Chiediamo: porto sicuro adesso“, afferma la ong Missione Lifeline. Al largo del coste catanesi anche la Ocean Viking con 234 persone soccorse.

“La situazione continua a peggiorare. L’angoscia e la tensione sale. Devono sbarcare tutti“. Le ong rilanciano l’appello, preoccupate per una situazione di insidioso stallo.

Quella di oggi è la giornata, anche, delle battaglie legali. Dopo l’annuncio, oggi la ong tedesca Sos Humanity presenta la Tar del lazio un ricorso contro il decreto del governo italiano. Mirka Schafer, funzionario politico di Sos Humanity, spiega: “Sia il decreto che la prevenzione dello sbarco di 35 sopravvissuti da Humanity 1 violano il diritto internazionale e italiano“. Sos Humanity presenta ora ricorso contro il decreto al Tar del Lazio: “Secondo il diritto internazionale, un salvataggio non è completo finché i sopravvissuti non sono stati sbarcati in un luogo sicuro. È quindi illegale consentire solo ad alcuni dei sopravvissuti di scendere a terra. Inoltre, respingere il resto delle persone soccorse al di fuori delle acque territoriali nazionali costituisce una forma di rifiuto collettivo e viola quindi sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che il principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati”.

Sabato sera era stato chiesto alla nave di soccorso dell’organizzazione, Humanity 1, di entrare nel porto siciliano di Catania; 144 persone sono state autorizzate a scendere a terra, mentre le autorità hanno rifiutato di sbarcare 35 naufraghi. È stato chiesto ieri al capitano di lasciare il porto con a bordo i 35, ma il comandante ha rifiutato, citando la legge del mare: “È mio dovere completare il salvataggio di chi è nel bisogno soccorrendo tutti i sopravvissuti in porto sbarcano da Catania come luogo sicuro. Non posso lasciare il porto finché tutti i sopravvissuti salvati dall’emergenza non saranno sbarcati”.

Il 4 novembre, dopo 13 giorni di attesa, era stato notificato un decreto firmato dai ministri dell’Interno Matteo Piantedosi, della Difesa Guido Crosetti e delle Infrastrutture e Mobilità Matteo Salvini. Il decreto vieta all’Umanità 1 di rimanere nelle acque territoriali italiane più a lungo di quanto “necessario per le operazioni di soccorso e soccorso a persone in difficoltà e in condizioni di salute precarie”.

Nella notte dal 5 al 6 novembre, è avvenuta la “selezione, in condizioni arbitrarie e inadeguate“, ricostruisce i fatti Till Rummenhohl, capo delle operazioni, “36 dei sopravvissuti in mare sono stati classificati come ‘sani’ dalle autorità e hanno dovuto rimanere a bordo. Dopo che gli è stato detto di non sbarcare, uno di loro ha perso conoscenza, è crollato e ha dovuto essere prelevato da un’ambulanza. Da allora, ci sono ancora 35 sopravvissuti a bordo di Humanity 1″. 

L’arcivescovo di Catania, Luigi Renna, ieri sera si è recato al porto di Catania per portare, spiega la diocesi, “sostegno morale ai migranti in attesa di sbarcare” e per sensibilizzare “chi di competenza ad accogliere coloro che scappano da situazioni di difficile sopravvivenza nel rispetto delle leggi nazionali e in un contesto di corresponsabilità e di solidarietà europea“.

La diocesi di Catania pronta ad accogliere i migranti giunti al porto, ha ribadito l’arcivescovo, Luigi Renna, che, assieme alla Caritas diocesana e alla Comunità di Sant’Egidio, già dalla sera di sabato hanno manifestato, viene spiegato, “la volontà di collaborazione per l’accoglienza dei migranti approdati nel porto della Città sulla nave Humanity 1“. Il presule auspica che “l’accoglienza sia totale, tenendo conto che coloro che sono rimasti a bordo, provengono da situazioni di grave disagio, oltre che da molti giorni di navigazione”.

Rivedere “il criterio della selezione adottato finora“, perché “mentre mette in sicurezza alcun fasce di persone più bisognose di cure immediate, esclude chi presto potrebbe giungere all’esasperazione, perché nella fuga dal proprio Paese ha intravisto un barlume di speranza per il proprio futuro” sollecita ancora dell’arcivescovo. “Le esigenze espresse dal ministero dell’Interno, di vedere l’Italia non lasciata sola di fronte al numero ingente di migranti che bussano alle porte dell’Europa – aggiunge – è più che giusta, ed ha bisogno di soluzioni politiche, soprattutto di una urgente revisione del Documento di Dublino; ma evidentemente non si può aspettare la conclusione dell’iter di un dibattito politico e legislativo senza nel frattempo mettere in sicurezza l’esistenza di tante persone, create ad immagine di Dio come ciascuno di noi, che non possono vagare per il Mediterraneo o essere respinte, senza cadere nella disperazione o addirittura perdere il dono inestimabile della vita”.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni