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Festival Mediterrartè, a Catania e Siracusa va in scena lo spettacolo “I Persiani” di Claudio Collovà

La tragedia della guerra e la caduta dell'impero persiano dopo la sconfitta nella battaglia di Salamina sono al centro dello spettacolo

La tragedia della guerra e la caduta dell’impero persiano dopo la sconfitta nella battaglia di Salamina sono al centro dello spettacolo I Persiani, rivisitazione del classico di Eschilo, diretta da Claudio Collovà. Proposto nell’ambito di Mediterrartè – Classico Contemporaneo, lo spettacolo (in programma per venerdì 27 settembre, ore 21 al Teatro Verga di Catania e sabato 28 e domenica 29 settembre al Teatro Massimo Città di Siracusa, sempre alle 21) vede in scena Giuseppe Pambieri affiancato da Sergio Basile, Micol Pambieri Gianluigi Fogacci e Nicolas Zappa. Le scene sono di Chiarastella Santalucia, Sofia Alopari, Diana Cracolidi, i costumi di Dora Argento, le musiche di Giuseppe Rizzo. Coprodotta da Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale e Artelè, la pièce mette in scena la disperazione della corte persiana e l’angoscia della regina Atossa mentre attende notizie del figlio Serse. Con una messa in scena potente e viscerale, Collovà enfatizza la devastazione umana e il costo emotivo del conflitto, offrendo una riflessione profonda sulla fragilità del potere.

D’altra parte, Eschilo, poeta e soldato, prende parte alle due guerre persiane contro Dario e contro Serse. Testimone al fronte, oplita in prima linea per ricacciare indietro l’enorme esercito dell’impero persiano, è certamente più attendibile di Erodoto, il primo storiografo dell’umanità che ha sensibilmente ingigantito il successo del popolo greco unito. Eschilo riesce meglio perché ha visto. E come poeta rappresenta nel teatro delle Polis l’identità collettiva di vincitori e vinti. Nei Persiani, dunque, il mito è un caso della storia, un fatto che si ripete incessantemente da allora e da molto prima fino a oggi. Popoli che sconfinano e assoggettano altri popoli che perdono l’indipendenza e divengono schiavi e sudditi. Almeno per un certo periodo di tempo. È una storia che ripete se stessa con identico passo, da quando l’uomo ne ha avuto l’ambizione, e che rende unico il dramma di Eschilo, la prima tragedia a noi giunta, messa in scena solo otto anni dopo la vittoria greca di Salamina. Nella lingua aspra e dura, narrando la sciagura dell’impero persiano, Eschilo esalta l’ammirazione speciale per i combattenti greci e ne celebra indirettamente la gloria. La tragedia è tutta persiana, ovvero anche persiana, ma alla fine è davvero universale. Anche greca, anche nostra, se guardiamo con lo stesso sguardo con cui venne guardata allora, come una guerra che ci riguarda ancora oggi, e di cui ci sentiamo responsabili.


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