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Falsi dati Covid in Sicilia, chiuse le indagini: Razza verso il processo

Nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato al componente del governo di Nello Musumeci, le accuse ipotizzate sono di falso in concorso, per avere alterato i dati trasmessi al ministero della Salute sull'andamento della pandemia in Sicilia

I morti “spalmati” non c’entrano niente. Non è per quella frase infelice (intercettata dai carabinieri e di cui poi l’interessato si scusò) che oggi l’assessore alla Salute della Regione siciliana, Ruggero Razza, rischia di finire a processo assieme ad altre cinque persone.

Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato al componente del governo di Nello Musumeci, le accuse ipotizzate sono di falso in concorso, per avere alterato i dati trasmessi al ministero della Salute sull’andamento della pandemia in Sicilia.

Due degli indagati, l’ex dirigente generale del Dasoe (Dipartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico), Maria Letizia Di Liberti, e Emilio Madonia, dipendente di un’azienda privata in rapporti con la Regione per la gestione dei dati sul Covid, rispondono anche di avere indotto in errore il ministero e l’Istituto superiore di sanità, che classificarono la Sicilia a rischio basso tra il 14 e il 20 dicembre 2020.

L’avviso, firmato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai pm Andrea Fusco e Maria Pia Ticino, riguarda anche il direttore del Servizio 4 del Dasoe, Mario Palermo, Salvatore Cusimano, impiegato dell’assessorato regionale all’Industria, che Di Liberti (sua zia) aveva portato al Dasoe, così come Roberto Gambino, dipendente dell’Asp 6 di Palermo.

I dati falsi, secondo la ricostruzione dei carabinieri di Trapani (le cui indagini furono poi trasmesse dalla procura di quella città a Palermo) e del Nas del capoluogo siciliano, riguardano il numero dei tamponi, i nuovi positivi e i ricoveri: dati che vennero caricati fra ottobre 2020 e gennaio 2021. Tutto, secondo l’accusa, per tenere la Sicilia fra le regioni a minore rischio. L’avviso di conclusione delle indagini è di regola propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio.

Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana: “Al di là del rilievo penale, sul quale altri giudici dovranno pronunciarsi, le accuse della  Procura della Repubblica di Palermo nei confronti dell’assessore Razza e dei suoi più stretti collaboratori confermano un fatto, in sé moralmente più grave dell’ipotesi di reato. Quello cioè che sulle piattaforme informatiche del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità furono caricati dati falsi sul Covid. Di fronte a questa certezza, non può che indignare il tradimento del patto di lealtà con i Siciliani rispetto alla tutela della loro salute. Indignazione che va ben oltre il “disegno criminoso” di cui parla la Procura. Qualunque cosa decisa di fare Razza, da oggi moralmente non è più l’assessore alla salute di alcuno”.

Nuccio di Paola capogruppo del M5s all’Ars: “Le indagini della procura della Repubblica confermano l’esistenza di un ‘disegno criminoso’ dei responsabili della sanità in Sicilia dietro il caricamento dei dati nelle piattaforme informatiche del ministero della Salute. Cosa di cui noi abbiamo sempre avuto il forte sospetto e che abbiamo a più riprese evidenziato anche prima dell’apertura delle indagini. Non a caso avevamo chiesto di audire il Comitato tecnico scientifico in Commissione Salute, proprio per farci spiegare come fosse stato possibile il miracoloso aumento del 50% di analisi di tamponi molecolari, schizzati da 5 mila al giorno a 7.500, senza che fossero stati potenziati i servizi di analisi siciliani, in quel periodo in grosse difficoltà. Ora, al di là del fatto se si andrà a processo o meno, le risultanze delle indagini attestano una condotta moralmente inaccettabile dei vertici della Sanità siciliana. Musumeci e i siciliani ne prendano atto”.


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