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Catania, masterclass su laparoscopia urologica con esperti da tutt’Italia

Grazie all’affinamento degli strumenti diagnostici si possono rilevare le malattie in fase precoce, prima che si manifestino sintomi clinici. Questo favorisce soluzioni che conciliano la cura della malattia, l’asportazione di tumori con la preservazione dell’organo interessato

«Non più demolizione ad ogni costo, ma chirurgia conservativa»: è finita l’era delle ampie incisioni praticate per rimuovere gli organi interessati dalle patologie oncologiche. Lo scenario è cambiato, gli specialisti più bravi sono quelli che riescono a realizzare interventi, anche molto impegnativi, conservando i tessuti sani attraverso accessi chirurgici sempre più piccoli. Si sviluppa così la cosiddetta chirurgia “gentile”, con laparoscopia tecnologicamente avanzata, oggi la più praticata in sala operatoria.

Questi i temi trattati ieri e oggi – 30 novembre e 1 dicembre – grazie alla Masterclass in “Chirurgia Urologica Laparoscopica” che posiziona Catania al fianco di Bassano come polo italiano di altissima formazione. Durante i lavori – che si sono svolti presso idipharma ad Aci Bonaccorsi – si sono alternati talks e sessioni di chirurgia live in collegamento con la sala operatoria dell’Azienda Arnas Garibaldi. Sono stati coinvolti esperti provenienti da tutto il Paese, per fare rete e aprire il confronto sul presente e sulle prospettive future della sanità innovativa.

«Catania è un territorio d’eccellenza: i dati del 2022 di Agenas posizionano l’Arnas Garibaldi al primo posto nel trattamento chirurgico dei tumori renali – spiega il professore Mario Falsaperla, direttore UOC di Urologia Garibaldi e direttore scientifico dell’evento insieme ad Antonio Celia – Interveniamo per via laparoscopica con tecniche tridimensionali: gli occhiali 3D magnificano la visione interna, abbiamo un maggiore dettaglio nella valutazione e nella rimozione del tumore. Quella condivisa in questa due-giorni è una chirurgia ultra-selettiva: formiamo i giovani medici a operare risparmiando i tessuti sani, con interventi di ricostruzione, riducendo il rischio di sanguinamento, prima e dopo l’intervento, attraverso il clampaggio selettivo dei vasi che nutrono il tumore. Grazie alle tecnologie i tempi di recupero sono diventati molto più brevi e possiamo operare pazienti complessi, obesi o con patologie concomitanti».

L’expertise umana è supportata e potenziata da sistemi di riproduzione di immagini ad altissima definizione, tecniche di fluorescenza, sistemi robotizzati di gestione della telecamera, strumenti chirurgici per la sezione dei tessuti sempre più performanti. «La chirurgia robotica negli USA è la più diffusa: è semplice ed efficace. Ma è costosa e in Italia abbiamo ancora il dovere di fare i conti con la sua limitata diffusione – sottolinea il professore Paolo Gontero, Ordinario di Urologia dell’Università degli Studi di Torino e direttore della Clinica Urologica dell’Ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza – ecco perché è fondamentale mantenere vivo il bagaglio di conoscenza della tecnica laparoscopica. Va trasmesso alle giovani generazioni perché è propedeutico per l’utilizzo della robotica e soprattutto perché la laparoscopia nel nostro Paese è la tecnica più praticata ed ha ancora un ruolo essenziale».

Grazie all’affinamento degli strumenti diagnostici si possono rilevare le malattie in fase precoce, prima che si manifestino sintomi clinici. Questo favorisce soluzioni che conciliano la cura della malattia, l’asportazione di tumori con la preservazione dell’organo interessato.

«La chirurgia tradizionale, cosiddetta a cielo aperto, oggi vive quasi esclusivamente delle controindicazioni della chirurgia mininvasiva – spiega il professore Roberto Sanseverino, direttore UOC di Urologia dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore – con la laparoscopia pratichiamo una “chirurgia gentile” che mantiene alta la qualità di vita: una priorità nella cura della malattia. Gli obiettivi sono: lunghe sopravvivenze, preservazione degli organi e delle loro funzioni». «Sempre più interventi eseguiti a cielo aperto – ha aggiunto il professore Antonio Celia, direttore UOC di Urologia presso l’Ospedale Bassano – sono stati progressivamente sostituiti dalla chirurgia laparoscopica per innumerevoli ragioni, tra queste il minimo traumatismo e il rapido ritorno alle normali attività di vita. Oggi più che mai è necessario un importante programma di training, per trasferire questo preziosissimo know-how alle nuove generazioni».


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