Gioni è una ragazzina di tredici anni, felice, solare, empatica, che vive nel mondo scintillante degli anni Cinquanta, dentro la cornice immaginifica del telefilm Happy Days. Però è una bugia.
Perché questo mondo è una ricostruzione minuziosa di ciò che sogna… Da queste premesse prende avvio lo spettacolo Eppideis scritto e diretto da Rosario Palazzolo e interpretato dall’attore Silvio Laviano che, dopo essere stato acclamato in varie repliche nazionali, approda ora a Catania al Piccolo Teatro della Città, venerdì 6 (ore 19) e sabato 7 gennaio (ore 21) all’interno del cartellone della storica sala catanese.
La pièce – con le voci di Cosimo Coltraro, Manuela Ventura, Viola Palazzolo, Rosario Palazzolo, scene e costumi di Mela Dell’Erba musiche ed effetti sonori di Gianluca Misiti – è prodotta dal Teatro della Città.
Uno spettacolo di forte impatto che traghetta lo spettatore nel mondo di Gioni che, in realtà, vive in un futuro distopico in cui la morte è stata debellata, e così propone situazioni esistenziali funzionali, per trovare una strada, pure un buco di strada, un buco in un buco di strada in cui gridare il suo dolore. Perché anche la sua felicità è una bugia.
“Eppideis – spiega Palazzolo – è l’ultimo atto di una Trilogia dell’Espiazione, che insieme agli spettacoli Letizia forever e La veglia intende approfondire, partendo dal tradimento della categoria maschile/femminile, e all’interno del concetto di iper rappresentazione, la mia idea sul tema del senso di colpa. E lo fa tentando di trafiggerla nella sua accezione più intima e miserabile, ovvero quella che prende spunto dall’impossibilità dell’individuo di determinare la propria esistenza, il suo fine ultimo o il progetto intrinseco, demandando esclusivamente a se stesso la responsabilità della sconfitta, annientando qualsiasi possibilità di riscatto, e propendendo per un’esistenza penitente che disarciona costantemente la felicità”.
Uno spettacolo assolutamente atipico come sottolinea lo stesso Rosario Palazzolo: “Forse il più atipico dei miei spettacoli atipici, e ciò principalmente perché offre la mia versione scritta, detta, rappresentata del fallimento inteso come fallimento della creazione artistica, intesa come realtà, intesa come l’insieme dei dispositivi narrativi che adoperiamo per restare in vita nel mentre che moriamo. Del resto Eppideis, in greco antico significa Apprendimento, e l’apprendimento genera la consapevolezza che non può che determinare una fine”.
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