Colpito alla testa, Salvatore Laudani, inviò un disperato messaggio, finito nella segreteria telefonica, con cui chiedeva aiuto a una vicina di casa.
E’ l’una della notte tra domenica e lunedì e quella disperata richiesta di soccorsi dell’avvocato assassinato nel Catanese rimane non ricevuta sino alle 5.30, momento in cui gli amici poi lo soccorrono. Forse era trascorso troppo tempo, l’avvocato finisce in rianimazione al San marco, e in quella corsia d’ospedale non si riprenderà più.
Quel messaggio gli investigatori dei carabinieri della compagnia di Palagonia e quelli del reparto operativo del comando provinciale lo hanno sentito e risentito centinaia di volte.
Vi sono tanti indizi attorno alla morte di Laudani, 83 anni, avvocato in pensione, separato dalla moglie e con una figlia che vive in Sardegna, da tempo in ritiro nella sua casa di “Franchetto”, frazione di Castel di Judica.
Il primo riguarda diversi furti subiti; tre raccontano le denunce fatte dal legale. Poi una serie di frequentazioni di cittadini romeni che il professionista chiamava a lavorare nella sua terra: la loro posizione adesso è al vaglio degli inquirenti.
E poi una serie di particolari, come il fatto che i cani non hanno abbaiato nel momento in cui gli assassini entravano in casa del legale da una porta secondaria sconosciuta ai più, ma a conoscenza di coloro che frequentavano casa Laudani.
I sicari dell’avvocato probabilmente erano ben conosciuti dalla vittima e lo sono stati anche nel momento dell’aggressione, tanto che finita la razzia degli effetti personali e del denaro con la casa messa a soqquadro, decisero di colpirlo a morte.
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