Una storia che evoca la bellezza delle nostre radici ormai perdute, il rapporto fra le ragazzine di una Sicilia che non c’è più e la loro Pupa di pezza, il gioco desiderato, talvolta fatto in casa, che si custodiva come un bene prezioso.
C’è tutto questo (e tanto altro) nello spettacolo per famiglie La pupa di pezza che va in scena – sabato 5 agosto (ore 19.30) alla Corte Recupero Cutore di Aci Bonaccorsi (Catania) – nell’ambito della mini rassegna per bambini e famiglie Fiabe in corte organizzata dall’Associazione Città Teatro. Lo spettacolo – scritto e diretto da Aurora Miriam Scala, in scena insieme con Maria Chiara Pellitteri (luci e scene sono di Alessandro Accardi) – è stato vincitore del Premio Piccirè 2019 del Teatro Ditirammu di Palermo.
Si tratta di una storia che evoca il rapporto con la fantasia, la voglia di creare da sé un mondo immaginario in cui entrare e uscire senza bisogno del filtro di uno schermo. Una storia che evoca e incarna il senso di amicizia, di famiglia, di crescita, di amore.
Nella stanzetta di una casa della provincia siciliana degli anni ’50, in mezzo a tanti vestiti c’è una sartina di nome Maria che si appresta a lavorare. Accanto a lei un baule con sopra alcuni indumenti da rammendare. Il pensiero vola ai tempi spensierati dell’infanzia, a quando non c’erano altri pensieri che quello dello studio e del gioco, a quando la sua più cara compagna di giochi era “la pupa di pezza” ormai andata perduta. All’improvviso, proprio lei fa capolino: questa volta però non è piccola ma grande come una “fimminedda”… e anche un po’ arrabbiata. Le racconta che è stata chiusa lì dalla madre di Maria proprio il giorno del suo matrimonio, per segnare la fine della sua infanzia.
Maria vuole subito giocare di nuovo al loro gioco preferito: inventare e poi interpretare delle storie, creando i vari personaggi che le abitavano. E la storia preferita di Maria era: “La pianta del basiricò” (nota fiaba della tradizione siciliana e nella raccolta di Giuseppe Pitrè). Riusciranno a divertirsi per tutta la notte, fino a che Maria, stanca, crolla fra le braccia della sua Pupa. E quando, alle prime luci dell’alba, si risveglia, la Pupa è tornata magicamente di pezza, ma c’è un biglietto: “Cara Maria, nun ti scurdare mai ca dintra di tia na picciridda vive ed è sempri cu mia”
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