Questa mattina, al cimitero monumentale di Catania, alla presenza del Questore, sono state deposte due corone di alloro del Capo della Polizia sulle tombe del Commissario Giuseppe Montana e dell’Ispettore Capo Giovanni Lizzio, in ricordo del sacrificio dei due poliziotti barbaramente uccisi per mano dalla mafia.
In loro memoria è stata celebrata anche una messa nella chiesa dell’Immacolata Concezione dei Minoritelli, alla presenza del Prefetto Librizzi, dei familiari dei caduti e dei colleghi della Questura e delle Specialità, che si sono uniti per ricordare insieme il loro sacrificio e il loro valore nella Polizia di Stato.
Sono trascorsi ben 39 anni dalla morte di Beppe Montana, simbolo e baluardo di legalità, in un periodo storico in cui la lotta dello Stato contro le mafie ha registrato una delle pagine più dure e cruenti.
Assegnato alla Squadra Mobile di Palermo, Beppe, fu posto a capo della sezione Catturandi dove ha raggiunto risultati di rilievo, collaborando anche col pool antimafia.
Nel corso della sua attività investigativa ha arrestato numerosi latitanti, scoperto ingenti quantità di droga e depositi di armi, contrastando così i traffici e i piani criminali di Cosa Nostra.
Intensa fu la collaborazione con Ninni Cassarà, vice questore aggiunto, anch’egli ucciso nove giorni dopo di lui.
Alla morte di Chinnici, Montana ha dichiarato: «A Palermo siamo poco più d’una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili, purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà».
Il 28 luglio 1985, infatti, a soli 34 anni, viene ucciso a colpi di pistola da un commando mafioso, mentre si trova con la fidanzata, a Porticello frazione di Santa Flavia a Palermo. La sua morte si inserisce nel periodo in cui la città di Palermo paga un pesante tributo in termini di vittime della mafia. A condurre le indagini, subito dopo la morte di Montana, insieme a Cassarà c’era anche Paolo Borsellino.
Sono passati 32 anni dall’agguato mafioso che spezzò la vita di Giovanni Lizzio, Ispettore Capo responsabile della sezione antiestorsioni della Squadra Mobile di Catania.
Sposato e padre di due figlie viene ucciso la sera del 27 luglio 1992. Egli costituisce uno dei simboli in grado di rappresentare l’impegno che le donne e gli uomini della Polizia di Stato, quotidianamente, producono nella lotta contro la criminalità organizzata. In tanti anni di servizio indagò, in maniera capillare, sia sulle cosche mafiose tradizionali che su quelle emergenti.
Il giorno dell’attentato si trovava a bordo della sua auto, incolonnato al semaforo di via Leucatia, quando è stato attinto da alcuni colpi di pistola esplosi da due giovani che, a bordo di una moto, lo avevano affiancato. Immediatamente soccorso, fu ricoverato in fin di vita al vicino ospedale Cannizzaro, dove morì poco dopo.
Prima della sua uccisione, da circa un anno, Lizzio era passato alla sezione anti-racket della Squadra Mobile. Grazie alle sue indagini furono arrestati molti estorsori legati ai clan mafiosi.
Storie importanti, di lotta alla mafia e di sacrifici, di piccole e grandi rinunce, vissute dai protagonisti ma anche dai loro familiari.
Alla fine della commemorazione, il Questore ha ricordato con senso di gratitudine come Giovanni Lizzio e Giuseppe Montana abbiano sacrificato la loro vita per i valori della giustizia e della legalità.
Il pensiero va anche ai familiari delle vittime di mafia che hanno saputo trasformare il dolore in impegno sociale, affinché i sacrifici non risultino vani e dall’esempio di chi si è battuto con dedizione e coraggio possano germogliare i semi della legalità, in grado di regalare frutti meravigliosi.
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