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Beni confiscati, a Catania sono 729 di cui 417 sono stati trasferiti agli enti locali

Il presidente della Commissione regionale Antimafia, Cracolici: “Serve uno scossone al sistema dei beni confiscati”

“Serve uno scossone al sistema dei beni confiscati, dando ai lavoratori stessi la possibilità di gestirli. Troppi beni sono ‘a bagnomaria’”.

Lo ha detto stamattina il presidente della Commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, nel corso di “Beni confiscati e infiltrazioni mafiose nell’economia del territorio”, l’iniziativa moderata dal giornalista Rai, Giuseppe Ardica, e organizzata dalla Filcams Cgil e dalla Camera del lavoro di Catania. Non a caso i lavori si sono tenuti all’Hotel Sigonella Inn, il grande albergo che dal 2016 è gestito dall’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati.

Un nutrito gruppo di lavoratori, riunitisi in cooperativa, è in attesa del via libera per poterlo finalmente gestire.

In generale i dati parlano chiaro: gli immobili sequestrati in Sicilia sono 9.735 di cui 7.440 sono stati trasferiti agli enti locali mentre quelli utilizzati per finalità sociali sono 2.544. Nella provincia di Catania sono 729 di cui 417 sono stati trasferiti agli enti locali. Per la sola città di Catania si tratta di 99 immobili di cui, però, 58 sono destinati all’ente ma non ancora consegnati per la difficoltà di effettuare i sopralluoghi con i curatori giudiziari.

Dal 1982 a oggi, sono stati sequestrati e confiscati 27 mila beni: ville, cascine, castelli, alberghi, cliniche, supermercati, stabilimenti balneari, auto di lusso. Di questi solo 11 mila sono stati riconsegnati alla comunità. “Un patrimonio dal valore incalcolabile che si deteriora ogni giorno di più. E se poi pensiamo che in provincia di Catania solo sei professionisti concentrano ben 420 incarichi (dato aggiornato al 2020), il dubbio che questo pesi negativamente in questa dinamica, si fa molto forte”, sottolinea il segretario generale della Filcams di Catania e Caltagirone, Davide Foti.

E come ha detto il segretario generale della Cgil, Carmelo De Caudo, “il Sigonella Inn, è un caso esemplare. Vanta una squadra di “aspiranti proprietari” che sono la maggioranza di quei lavoratori che in questi anni hanno continuato ad operare, ciascuno con le proprie mansioni precedenti al sequestro, e dunque strettamente legate al settore turismo. Donne e uomini che hanno lavorato con fiducia, contribuendo direttamente alla sostegno dell’attività. Manca adesso l’ultimo tassello: l’approvazione del progetto da parte dell’Agenzia; progetto dotato, come vogliono le regole, di Piano industriale, innovazioni per i servizi futuri e garanzie per l’occupazione. Dietro queste poche parole c’è però un mondo di attese, accadimenti, speranze, ricerche e studi. Che non può essere tradito dallo Stato”.

Antonello Cracolici, presidente della Commissione antimafia ARS, ha anche aggiunto che “con la commissione regionale antimafia stiamo mettendo a punto azioni di natura finanziaria per consentire alle società di poter accedere attraverso l’Irfis a un sistema di finanziamenti a tasso zero per sostenere il rilancio economico. Oltre il 90 per cento delle aziende confiscate sono in liquidazione. A parte quelle utilizzate dai mafiosi per violare il principio della concorrenza o usate per fare riciclaggio, è comunque un dato troppo alto. Occorre puntare sulla formazione dei manager e su un monitoraggio di prossimità al bene confiscato per avere la giusta contezza del fenomeno. Su questa partita si gioca il successo – o l’insuccesso – dello Stato”.

La gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata andrebbe dunque modificata. Attualmente il rischio è che si anneghi nella burocrazia. Lo sa bene anche il responsabile di LegaCoop Sicilia orientale, Alessandro Sciortino, che ha ricordato come anche nel caso GeoTrans, azienda di trasporti confiscata alla mafia e poi gestita dai lavoratori, trascorsero ben due anni dalla creazione della società alla vera e propria partenza della gestione.

“Speriamo sinceramente sia il loro turno. Sono doverosi i controlli che l’Agenzia deve effettuare, ma i lavoratori del Sigonella Inn hanno già consegnato un Piano industriale. Noi li abbiamo sorretti durante questo loro percorso, e continueremo a farlo anche dopo, ad affidamento avvenuto. Senza ingerenze nella gestione, ovviamente”.

Emilio Miceli, responsabile legalità Cgil nazionale, non ha peli sulla lingua: “Noi comprendiamo tutte le difficoltà che si incontrano nel restituire le imprese al mercato, ma Sigonella Inn è uno di quei casi in cui c’è una cooperativa, i lavoratori ben disposti, esiste un capitale di rischio dei lavoratori, e l’hotel è una grande struttura che ha un futuro nel mercato del turismo e delle ricettività. Ha tutte le condizioni non solo per chiedere ma per rivendicare la allocazione nel mercato ma anche una tempistica che non danneggi l’impresa. Oggi siamo qui a chiedere di accelerare tutta la pratica”.


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