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Sempre più minori impiegati dalla mafia nello spaccio di droga a Catania, il dato preoccupante nella relazione della Dia

In provincia di Catania agiscono importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra e che al suo modello fanno riferimento sotto gli aspetti strutturale e operativo

È stata pubblicata sul sito del Senato della Repubblica la Relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso del II semestre del 2022. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che i sodalizi mafiosi prediligono agire negli ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati.

In provincia di Catania agiscono importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra e che al suo modello fanno riferimento sotto gli aspetti strutturale e operativo. In questo versante siciliano, cosa nostra è rappresentata dalle storiche famiglie Santapaola-Ercolano e Mazzei a Catania, La Rocca a Caltagirone nel comprensorio “Calatino-Sud Simeto”, mentre a Ramacca (CT) si riscontra l’operatività dell’omonima famiglia. Tuttavia, nel capoluogo e nel territorio della provincia catanese, unitamente alle famiglie sopraelencate, risultano attive organizzazioni di tipo mafioso, non appartenenti a cosa nostra e neanche sottoposte a questa, rappresentate dagli storici clan Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera-Di Mauro, Sciuto (Tigna), Cursoti, Piacenti e Nicotra.

Per tale peculiarità, cosa nostra etnea ha gradualmente sviluppato una vocazione marcatamente “imprenditoriale” dovuta alla continua necessità di ricercare le ottimali condizioni crimino-affaristiche per il perseguimento dei suoi interessi mediante strategie mutevoli ed opportunistiche alleanze con le altre organizzazioni mafiose attive a Catania e provincia. Oltre alla spiccata capacità di perseguire qualificati interessi economici in molteplici settori dell’economia legale, tramite attività di riciclaggio e reinvestimento di capitali illeciti, la principale fonte di finanziamento di tutte le consorterie rimane comunque il traffico e la gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti i cui elevati profitti garantiscono il sostentamento anche delle famiglie dei detenuti e, quindi, un elevato consenso sociale. Proprio con riferimento agli stupefacenti, sembrerebbe essere aumentato l’impiego di giovani (anche minori) originari delle aree urbane più degradate e utilizzati come manovalanza (vedette o pusher) nelle locali piazze di spaccio. L’altissimo tasso di devianza minorile, correlato agli allarmanti livelli di dispersione scolastica, intorno al 25%, pone Catania al primo posto della classifica tra le quattordici città metropolitane140 del nostro Paese.

L’infiltrazione nell’economia legale da parte delle consorterie mafiose, con l’usura e con le pretese estorsive in danno di commercianti e imprenditori, è finalizzata prioritariamente all’acquisizione di piccole e medie imprese mediante le quali reinvestire i proventi illecitamente accumulati. In questo contesto, il rapporto imprenditore/criminalità mafiosa emergerebbe come un binomio fortemente ambiguo; diversi episodi giudizialmente accertati comproverebbero come imprenditori e commercianti si rivolgano direttamente alla criminalità organizzata sia per il classico “recupero” di crediti vantati, sia per garantirsi, in maniera preventiva, la cd. “protezione”. Questa tendenza, complessivamente considerata, rappresenta un’importante criticità anche alla luce delle ingenti risorse stanziate per il rilancio del Paese e delle specifiche garanzie pubbliche accordate in favore degli istituti di credito per i finanziamenti concessi alle imprese. Al riguardo, il Presidente della Corte d’Appello di Catania, Filippo Pennisi, nella Relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 e sulla scia di quanto già in precedenza dichiarato, ha evidenziato come “l’attenzione investigativa si è focalizzata nel monitoraggio del rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole (ossia quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge l’economia delle provincie del distretto) vengano, nel medio periodo, fagocitate dalle consorterie malavitose, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti”.

La famiglia Santapaola-Ercolano, sebbene ridimensionata dai ripetuti provvedimenti giudiziari e indebolita da una leadership spesso affidata a “reggenti” non autorevoli, continua a rappresentare “l’espressione più pericolosa della forza e della aggregazione che ancora oggi il nome Santapaola- Ercolano esercita sulla città e sui paesi della provincia”. Nel centro città la consorteria è organizzata in squadre che prendono il nome dal quartiere di riferimento ed alle quali viene riconosciuta una certa autonomia organizzativa e decisionale; nel resto della provincia, in assenza di una gestione diretta, l’organizzazione è rappresentata da sodalizi stanziali che garantiscono una pluralità di interessi criminali ed un sempre più capillare controllo del territorio. La peculiare organizzazione strutturale della famiglia emerge per la prima volta nell’ambito dell’operazione “Orsa Maggiore”nella quale si legge: “… intorno alla metà degli anni ‘80 la famiglia catanese, pur mantenendo immutate le tradizionali ed ufficiali cariche di cosa nostra, si dà una nuova struttura più agile ed efficiente, nascono infatti i sotto gruppi. …omissis… l’articolazione della famiglia catanese in diversi sotto gruppi, ciascuno dei quali diretto da un uomo d’onore (capo gruppo), rispondeva essenzialmente ad esigenze di carattere organizzativo ed operativo … omissis… il gruppo è una struttura spontanea nata da necessità operative più che una vera e propria ripartizione formale. Tramite questi gruppi … l’organizzazione riuscì a “radicarsi” sempre più sul territorio, realizzando un controllo dello stesso in modo penetrante e diffuso…”. La famiglia catanese di cosa nostra, nell’ambito dei settori d’interesse, tende ad espandersi anche nelle vicine province esercitando, in maniera incisiva, la propria influenza anche sulle confinanti organizzazioni peloritane tramite qualificati rapporti con le famiglie di Mistretta (ME) e di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), come documentato nel semestre dagli esiti dell’operazione “Sangue Blue” conclusa dai Carabinieri di Catania il 28 settembre 2022. Le investigazioni, oltre a documentare il capillare controllo del territorio esercitato mediante la gestione di un fiorente traffico di droga e di alcune attività estorsive in danno di imprenditori locali, hanno delineato l’evoluzione delle dinamiche associative della famiglia stessa, individuandone anche il reggente definito uomo d’onore riservato. In alcuni passaggi dell’ordinanza si legge infatti: “(…) L’uomo d’onore riservato viene “fatto” dai familiari stretti ed è noto solo a chi lo ha ritualmente affiliato che poi decide quando e se presentarlo … Le ragioni per le quali si fa un uomo d’onore riservato sono le più varie, tra le altre v’è anche la possibilità di utilizzarli in modo occulto evitando di “bruciarlo” (…)”. Ancora una volta tra i tratti connotanti la famiglia Santapaola-Ercolano, oltre alla nota pericolosità derivante dalla forza intimidatoria, emerge la spiccata capacità di permeare l’economia reale infiltrando il tessuto imprenditoriale sano.

Tra i reati contestati figurano infatti l’intestazione fittizia di società, attive nella commercializzazione di veicoli usati e di vini, tramite le quali venivano reinvestiti i proventi illeciti derivanti dal traffico di droga e dalle estorsioni. In tale contesto sono stati anche sequestrati beni mobili, immobili, conti correnti e società per un valore di oltre 4 milioni di euro. Nel semestre, la famiglia di cosa nostra etnea è stata anche colpita da due misure ablative che hanno riguardato la propaggine paternese degli Assinnata, con il sequestro di beni mobili e immobili per un valore di circa 300 mila euro nei confronti dell’elemento di vertice del sodalizio, nonché quella adranita dei Santangelo con la confisca definitiva di beni per complessivi 700 mila euro eseguita, il 13 ottobre 2022, a carico anche della sua figura di vertice. Altra storica frangia, egemone nel territorio di Misterbianco, è stata attinta dall’operazione “Sabbie Mobili” conclusa, dalla Polizia di Stato l’8 novembre 2022, con l’esecuzione di una ordinanza a carico di appartenenti al gruppo di Lineri (CT). Le investigazioni hanno documentato un consistente numero di estorsioni in danno di commercianti attivi nei Comuni pedemontani del versante sud-est dell’Etna ove, tradizionalmente, operava il temuto  sodalizio dei “Malpassoti”, clan originariamente autonomo e stabilmente alleato della famiglia Santapaola-Ercolano e poi confluito in quest’ultima dando vita all’articolazione interna costituita proprio dal gruppo di Lineri. La coesistenza di distinte organizzazioni criminali di tipo mafioso, spesso nei medesimi spazi territoriali in funzione del perseguimento di comuni scopi illeciti, sembrerebbe ulteriormente confermata dagli esiti di alcune inchieste concluse nel semestre. Tra queste, l’operazione “Tuppetturu”, conclusa dalla Guardia di finanza il 16 novembre 2022 a carico di affiliati ai clan Brunetto, Laudani alleati della famiglia Santapaola-Ercolano, e Cintorino, alleato dei Cappello, disvelando sia le modalità di gestione delle piazze di spaccio, sia le attività di reinvestimento dei profitti tramite imprese, gestite direttamente o mediante interposta persona, operanti nel settore del movimento terra, della ristorazione e del commercio di ortofrutta.

Nel medesimo contesto investigativo si è proceduto al sequestro di alcune società, ubicate a Calatabiano (CT) e a Giardini-Naxos (ME), per un valore di circa 150 mila euro. Esemplificativi di cointeressenze e di rapporti tra differenti sodalizi criminali risultano gli esiti dell’operazione “Zeus” in cui viene evidenziato che: “i proventi della … bisca clandestina venivano suddivisi tra i quattro gruppi mafiosi operanti a Catania, vale a dire i Cursoti Milanesi, i Cappello-Bonaccorsi, i Mazzei “Carcagnusi” e i Santapaola- Ercolano, ciascuno dei quali era tenuto a versare una quota societaria” finalizzata al sostentamento dei detenuti di maggior rango ed evidenziando, dunque, l’esistenza di un c.d. “mutuo soccorso” pure tra gruppi mafiosi storicamente antagonisti. Anche la famiglia Mazzei cd. “Carcagnusi”, radicata nel centro del capoluogo etneo, dispone di articolazioni attive a Bronte, Maletto, Maniace e a Scicli (RG) tramite il gruppo dei Mormina. L’organizzazione appare allo stato depotenziata a causa delle molteplici operazioni di polizia e delle condanne inflitte nel corso degli ultimi anni. Alla stregua degli altri consessi criminali, tale consorteria, oltre ad essere attivamente inserita nel settore degli stupefacenti, delle estorsioni, delle scommesse illegali e dei rifiuti, sembrerebbe aver allargato i propri interessi anche a nuovi business quali il traffico di prodotti petroliferi. Proprio l’interesse in questo singolare settore era emerso lo scorso dicembre 2020 dagli esiti dell’operazione “Vento di Scirocco” che avevano messo in luce qualificati rapporti tra esponenti della famiglia Mazzei e imprenditori attivi nella gestione di impianti di distribuzione di carburanti e coinvolti in operazioni finalizzate alle frodi fiscali. Le investigazioni avevano consentito, tra l’altro, di individuare un imprenditore che, grazie alla sua capacità di condizionamento e di mediazione, riusciva a influenzare tutta la filiera di approvvigionamento sfruttando anche i suoi contatti con consorterie napoletane. Sulla scia di pregressi provvedimenti ablativi, emessi nei confronti dello stesso il 6 dicembre 2022, la Guardia di finanza di Catania ha confiscato beni mobili, immobili, aziendali e finanziari per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro. Altre evidenze investigative, acquisite nello scorso semestre, avevano anche documentato la presenza di un’articolazione della famiglia Mazzei ad Adrano (CT), laddove risultano storicamente attivi il clan Santangelo-Taccuni e il gruppo degli Scalisi, compagine riferibile ai Laudani, i quali, approfittando del “vuoto di potere” creatosi a seguito di alcune operazioni di polizia eseguite proprio a carico delle storiche compagini mafiose, sarebbero riusciti a conquistare nuovi spazi d’influenza. Nel semestre sarebbe nuovamente riaffiorata la storica rivalità tra la famiglia Mazzei e il clan Cappello come documentato da una rissa, con successiva sparatoria, avvenuta ad aprile 2022 nei pressi di una discoteca del centro etneo.

Le indagini, concluse dalla Polizia di Stato il successivo 9 agosto 2022 con l’arresto di 5 persone, avrebbero ricollegato la rissa ad una sorta di “regolamento di conti” tra i due schieramenti ed alla quale avrebbe preso parte anche un noto cantante neomelodico catanese ritenuto “vicino” ai Cappello. Con riferimento alla famiglia La Rocca, la sua operatività nel territorio calatino è stata accertata per la prima volta con la sentenza “Orsa maggiore” e il suo storico legame con la famiglia Santapaola -Ercolano risulta tuttora confermatoanche dagli esiti della recente operazione “Agorà”. Infatti, l’operazione avrebbe documentato anche la piena vitalità della famiglia di Ramacca che, dopo anni di depotenziamento, è oggi rivitalizzata e operativa nel territorio di propria competenza con influenze anche nel Comune di Palagonia. Come accennato in premessa, nel catanese insisterebbero ulteriori sodalizi non appartenenti a cosa nostra ma parimenti temibili per potenzialità criminali. Si tratta, in sostanza, di clan organizzati e radicati nel territorio cittadino e provinciale etneo, con propaggini anche nelle limitrofe province. I clan Cappello-Bonaccorsi e Laudani risulterebbero tra i più attivi nel panorama criminale catanese in virtù del numero degli affiliati e per l’organizzazione tipicamente militare che li caratterizzerebbe. Il sodalizio dei Cappello-Bonaccorsi (Carrateddi) manterrebbe ancora un rilevante potere criminale anche fuori provincia e, in particolare, a Siracusa e Ragusa, in alcuni Comuni dell’ennese e nella fascia jonica della provincia di Messina ove  sarebbe rappresentato dal gruppo mafioso dei Cintorino, attivo a Calatabiano (CT) come confermato dagli esiti della citata operazione “Tuppetturu” conclusa il 16 novembre 2022 dalla Guardia di finanza di Catania.

Nel semestre in esame sono riaffiorate le conflittualità con la famiglia Mazzei mentre la storica contrapposizione tra il clan Cappello e i Cursoti, sfociata nel 2020 nel grave fatto di sangue consumato nel quartiere di Librino165, ha visto gli esponenti di entrambi i clan coinvolti nell’operazione del 29 novembre 2022 con cui la Polizia di Stato di Catania ha concluso la già cennata operazione “Zeus” e nell’ambito della quale sarebbero stati documentati diversi summit di mafia tra affiliati ai Cursoti ed esponenti di rango del clan Cappello-Bonaccorsi per mediare su situazioni di contrasto e frizioni tra le due consorterie. L’indagine, inizialmente incentrata sui Cursoti milanesi  dediti alle estorsioni e allo spaccio nella zona di San Berillo Nuovo del capoluogo etneo, ha disvelato le condotte associative finalizzate all’approvvigionamento dello stupefacente proveniente da Napoli individuando, tra i fornitori partenopei, alcuni affiliati al clan camorristico Sautto-Ciccarelli di Caivano (NA) e ricostruendo il flusso di cocaina, sull’asse Campania-Sicilia, nell’ambito del quale sarebbe stato delineato il ruolo di alcuni appartenenti al clan Cappello-Bonaccorsi che avrebbero agito quali trafficanti in joint venture con il citato clan camorristico. Sempre con riferimento al traffico di droga, l’operazione “Kynara”, conclusa dalla Polizia di Stato di Catania il 15 dicembre 2022, ha documentato il nuovo assetto del clan Cappello, individuando i reggenti dei diversi gruppi, nonché un fiorente traffico di cocaina sull’asse Calabria-Sicilia. Il costante sforzo delle Forze di polizia profuso nell’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati nel semestre ha consentito di colpire il citato clan anche nel suo assetto economico. Il 30 novembre 2022, infatti, la Polizia di Stato di Catania ha sequestrato beni mobili, immobili e società, per un valore di 2 milioni e mezzo di euro, riconducibili a due esponenti della consorteria mafiosa in argomento. Altro clan attivo nel territorio e da sempre alleato alla famiglia Santapaola-Ercolano è rappresentato dai già citati Laudani che, sebbene indeboliti dalle numerose operazioni di polizia e da considerevoli provvedimenti ablativi, avrebbero mantenuto una spiccata capacità di riorganizzazione. Particolarmente attivo in città e nell’hinterland, ove prediligerebbe il settore degli stupefacenti, delle estorsioni e dell’usura, avrebbe esteso i suoi interessi criminali anche nel Nord Italia. Il suo radicamento extraurbano emerge nei territori nebroidei di Adrano con la famiglia Scalisi ed a Randazzo tramite il clan Sangani. L’esistenza e l’operatività del sodalizio Sangani- Ragaglia risultano giuridicamente acclarate da sentenze ormai passate in giudicato. Nel periodo in esame, proprio quest’ultima propaggine mafiosa è stata colpita dall’operazione “Terra Bruciata”, conclusa dai Carabinieri di Catania il 26 ottobre 2022. Dagli atti d’indagine emergono: “circostanziate informazioni di carattere indiziante circa il suo radicamento sul territorio, la sua capacità intimidatrice effettiva e riscontrabile, tale da condizionare le attività economiche e la vita politica e da porre in pericolo l’ordine pubblico, nonché la perpetrazione di reati quali estorsioni e la commercializzazione di sostanze stupefacenti, gruppo che usava la forza di intimidazione propria del sodalizio mafioso e che possedeva i tratti caratteristici della societas scelerum, ossia la veicolazione di parte dei proventi illeciti in una “cassa comune” destinata a coprire le esigenze dei propri accoliti, il sostentamento dei familiari dei detenuti, il pagamento delle parcelle degli avvocati che difendevano gli appartenenti al gruppo, gli stipendi per gli associati, gli investimenti imprenditoriali, l’acquisto di consistenti partite di stupefacenti”. Le investigazioni hanno fatto emergere anche influenze criminali esercitate su alcuni rappresentanti dell’amministrazione comunale di Randazzo (CT) i quali, in occasione delle elezioni amministrative del 2018, avrebbero anche promesso utilità ad appartenenti al sodalizio in cambio di voti a proprio favore. Da ultimo, si annoverano i clan Pillera-Di Mauro (Puntina), Sciuto (Tigna) e Piacenti (Ceusi) che, benché interessati da numerosi provvedimenti giudiziari, risulterebbero in gran parte confluiti nelle meglio strutturate famiglie etnee.

Ulteriori investigazioni concluse nel semestre dimostrano come gli stupefacenti e le armi rappresentino ancora i settori criminali di maggiore interesse nei quali risulta aver investito non solo cosa nostra ma anche le altre organizzazioni criminali, italiane e straniere. Nel periodo, sono stati sequestrati complessivamente oltre 160 kg. di cocaina, 370 kg. di Marijuana e 26 kg. di hashish. Sebbene i sodalizi continuino a perseguire una politica volta a limitare gli episodi di conflittualità conservano, comunque, una notevole potenzialità offensiva confermata nel semestre anche dagli esiti della menzionata operazione “Terra bruciata” che hanno messo in luce proprio le agguerrite potenzialità del clan Laudani pronto a ricorrere anche all’utilizzo di lanciamissili per la propria affermazione nel territorio di interesse. Non va inoltre sottaciuta la capacità mafiosa di condizionare gli apparati amministrativi degli Enti locali. Resta infatti alta l’attenzione verso i segnali che possano far ipotizzare il tentativo di infiltrazione mafiosa negli apparati della pubblica amministrazione. Al riguardo, il Prefetto di Catania nel semestre in esame, al fine di “…verificare l’eventuale sussistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso…”, ha disposto l’accesso ispettivo nei Comuni di Castiglione di Sicilia e Palagonia, mentre permane il “commissariamento” del Comune di Calatabiano (CT) laddove l’accesso ispettivo aveva evidenziato “la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi”, portando nell’ottobre 2021 allo scioglimento dell’Ente. Particolare attenzione merita la presenza nel catanese di gruppi criminali stranieri che spesso intrecciano affari e pericolosi legami di cointeressenza con le organizzazioni criminali. Si tratta di sodalizi dediti prioritariamente allo sfruttamento della prostituzione, del lavoro nero e del caporalato, nonché al commercio di prodotti contraffatti e allo spaccio al dettaglio di droghe.

Più strutturati risultano i sodalizi nigeriani, basati sul cultismo e identificati da varie sigle, la cui operatività aveva già trovato conferma nell’operazione “Family Light House of Sicily” della Polizia di Stato (2020). L’inchiesta aveva colpito la “cellula” siciliana della confraternita cultista dei Maphite ed aveva documentato diversi summit organizzati tra i vertici dell’organizzazione nelle città di Catania, Palermo, Caltanissetta e Messina. Nello scorso semestre tale presenza è stata documentata dall’arresto di un nigeriano responsabile di associazione mafiosa finalizzata al traffico di droga, aggravata per aver agevolato il sodalizio mafioso denominato Eiye o The Supreme Eiye Confraternity (SEC).


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