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Beni confiscati alla mafia, allarme della Fillea Cgil di Catania: “Che fine faranno i progetti che erano stati studiati ad hoc?”

A intervenire sulla cancellazione delle misure del Pnrr dedicate alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, compresi dunque quelli nel territorio etneo, è il segretario generale della Fillea Cgil di Catania, Vincenzo Cubito

Dei 300 milioni di euro del Pnrr da destinare alla valorizzazione dei beni confiscati alla mafia, oggi Catania si ritrova in mano niente. Serve sapere che fine faranno i progetti che erano stati studiati a vantaggio del nostro territorio”.

A intervenire sulla cancellazione delle misure del Pnrr dedicate alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, compresi dunque quelli nel territorio etneo, è il segretario generale della Fillea Cgil di Catania, Vincenzo Cubito, che nei mesi scorsi insieme a Cgil, Arci Catania, I Siciliani giovani e ad altre associazioni, aveva curato una grande campagna pubblica affinché gli immobili sottratti alla mafia venissero riqualificati e destinati al bene comune.

Attendiamo subito risposte affinché il lavoro svolto dagli enti locali per non depauperare queste storiche occasioni non venga perduto. Vorremmo sapere quali progetti salteranno del tutto e quali potranno essere inseriti in nuove linee di finanziamento. Anche la tempistica è importante. Ci chiediamo poi dove finiranno quei soldi che in un primo momento erano stati destinati ai beni confiscati  e quali saranno i controlli e le previsioni di crescita ( negli ultimi decenni mai rispettate) formulate sui paventati benefici fiscali e semplificazioni per le nuove imprese”.

Domande e dubbi di non poco conto, che per il sindacato degli edili in verità riguardano anche gli altri settori interessati dai tagli al Pnrr; vengono infatti meno un miliardo e 287 milioni per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico, i 60 milioni per la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica, i 330 milioni per investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale finendo per i due miliardi 493. 800 dei piani urbani integrati, ossia “fondamentali per rivoluzionare la faccia delle nostre città -conclude Cubito- rendendole a misura d’uomo, meno energivore, più verdi oltre che sicure”.


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