Una serata da dimenticare, di fuoco e di rabbia. Ancora un grave incendio provocato da un detenuto ospite del carcere minorile di Catania, con agenti in ospedale per intossicazione, ed è vibrante l’ira del sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, rivolta a tutti coloro che non hanno raccolto, in questi mesi, i reiterati allarmi dei rappresentanti sindacali dei Baschi Azzurri.
“Le fiamme ed il denso fumo propagato potevano essere letali”,ricostruisce e denuncia Calogero Navarra, segretario naionale per la Sicilia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, che esprime vicinanza e solidarietà ai poliziotti del carcere minorile etneo. Ieri sera, un giovane detenuto maghrebino, con problemi psichici, al rientro dalle attività ricreative ha appiccato il fuoco alle suppellettili della sua cella: in brevissimo tempo le fiamme si sono propagate e la Sezione detentiva è stata invasa dal fumo. “Solamente il coraggioso e tempestivo intervento del personale di Polizia Penitenziaria ha evitato un tragico epilogo – prosegue il sindacalista -. Nell’istituto minorile etneo sono attualmente ristretti trenta detenuti, la gran parte di origini nordafricane che manifestano problematiche psichiche e pongono in essere comportamenti di difficile controllo per la Polizia Penitenziaria, considerata anche la grave carenza di presidi medici e psicologici. Le Autorità preposte devono trovare rimedio a tale grave situazione, che ha già messo a repentaglio in molte occasioni l’incolumità del personale e dei ristretti. Ai poliziotti coinvolti in questo ennesimo episodio, che a causa dei fumi tossici inalati hanno dovuto far ricorso alle cure ospedaliere, va la piena stima, solidarietà e vicinanza del SAPPE. Alle istituzioni dormienti chiediamo per l’ennesima volta di svegliarsi, prima che sia troppo tardi”.
“Io credo sia grave che, in tutti questi mesi, siano stati sottovalutati i nostri gridi d’allarme”, evidenzia Donato Capece, segretario Generale del Sappe. ”Sono mesi e mesi che il Sappe, come primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, ha chiesto ai vertici del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità che le politiche di gestione e di trattamento siano adeguate al cambiamento della popolazione detenuta minorile, che è sempre maggiormente caratterizzata da profili criminali di rilievo già dai 15/16 anni di età e contestualmente da adulti fino a 25 anni che continuano ad essere ristretti. È da sottolineare che nell’ultimo periodo diversi detenuti delle carceri minorili provocano con strafottenza modi inurbani e arroganza i poliziotti penitenziari, creando sempre situazioni di grande tensione. Ed è per questo che ci stupiamo di chi “si meraviglia” se chiediamo una revisione della legge che consente la detenzione di ristretti adulti fino ai 25 anni di età nelle strutture per minori. Legge voluta dal Ministro della Giustizia Orlando con Renzi premier, lasciata intonsa dal Guardasigilli Bonafede con Conte presidente del Consiglio e lo stesso da Cartabia e Draghi”.
“E invece, non è stato fatto nulla, zero assoluto, e i risultati sono le rivolte al Santa Bona di Treviso, ad Airola, le evasioni dal Beccaria e dal Cpa di Torino, gli incendi e le aggressioni nelle altre carceri minorili di Nisida, Palermo, Casal del Marmo, Bologna, per citarne alcuni”, conclude Capece. “La realtà detentiva minorile italiana, come denuncia sistematicamente il Sappe, è più complessa e problematica di quello che si immagina: per questo si dovrebbe ricondurre la Giustizia minorile e di Comunità nell’ambito del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria piuttosto che mantenerla come Dipartimento a sé”.
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