L’uomo che si è suicidato dinanzi alla caserma dei carabinieri di Riposto, dopo avere ucciso due donne, si chiama Salvatore La Motta, aveva 63 anni. Era un “detenuto in semi libertà che stava usufruendo di una licenza premio” e sarebbe dovuto rientrare oggi nel carcere di Augusta, nel Siracusano.
Risale al 16 giugno del 2000 l’arresto da parte dei carabinieri; otto giorni prima di quella data era stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise e d’Appello di Catania perché accusato di essere uno dei componenti del ”gruppo di fuoco” che il 4 gennaio del 1992 davanti a un bar del paese uccise Leonardo Campo, di 69 anni, ritenuto dagli investigatori uno dei capi storici della malavita di Giarre. A La Motta, prima dell’arresto e dunque durante il dibattimento, era stato vietato di andare all’estero e gli era stato ordinato di abitare soltanto a Riposto. Dopo un primo periodo in carcere gli è stata concessa la detenzione in semilibertà, lavorava di giorno e la sera rientrava in carcere. Oggi era l’ultimo giorno di un permesso premio di una settimana.
Il killer è anche fratello di Benedetto La Motta, detto Benito. Quest’ultimo si trova recluso per scontare 30 anni di carcere (ottenuti in abbreviato) per l’omicidio di Dario Chiappone, il 27enne ucciso con sedici coltellate alla gola e al torace a Riposto, la sera del 31 ottobre del 2016. Nel processo è emerso che Benedetto La Motta è indicato come esponente di spicco del clan Santapaola-Ercolano e sarebbe stato lui ad autorizzare l’agguato. In quel processo, secondo l’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Santo Di Stefano, sarebbe stato La Motta a ordinare, per volontà di altri imputati di eseguire l’omicidio di Chiappone.
Salvatore La Motta, si era presentato alla caserma dei carabinieri dopo aver sparato alle due vittime. Ha bussato e al piantone ha detto di volersi costituire. Era armato e per questa ragione è stato tenuto sotto tiro dai carabinieri che si trovavano sul posto. Sono stati i militari a chiedere più volte all’uomo di abbassare l’arma, ma a un certo punto La Motta si è puntato la pistola alla tempia e si è tolto la vita. Lo si apprende in ambito investigativo. A riposto gli esperti della Scientifica stanno lavorando per ricostruire ogni minimo dettaglio sui luoghi nei quali sono avvenuti i tre episodi di sangue.
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