Resta in carcere perché si è avvalso della facoltà di non rispondere dinanzi al gip Vincenzo Villani Conti l’infermiere di 50 anni, presunto assassino del Cannizzaro, accusato di avere inoculato benzodiazepine a due pazienti morte tra dicembre 2020 e gennaio 2021 per rivalsa nei confronti dell’ospedale che lo aveva più volte trasferito di reparto provocando, secondo lui, una sua “involuzione” professionale.
Nell’interrogatorio di garanzia l’infermiere, assistito dagli avvocati Francesco Calabrese e Turi Liotta, ha solo respinto le accuse dicendo di non avere commesso il reato di omicidio volontario: adesso i suoi legali aspettano di potere visionare in toto le carte assieme ad un esperto e potere fissare una linea strategica di difesa, tra cui la richiesta al tribunale del riesame per chiedere la scarcerazione.
L’inchiesta ha visto in passato la riesumazione di cinque pazienti deceduti in ospedale: solo in due sono state riscontrate tracce di benzodiazepine, nelle altre tre invece totale assenza dei farmaci Midazolan e Diazepan. Sulla vicenda interviene l’avvocato della famiglia Zappulla in quanto un loro congiunto, Vito, è morto in ospedale e uno delle persone individuate dall’inchiesta in cui è stata disposta la riesumazione, senza però riscontrare tracce di benzodiazepine.
“Noi riteniamo – spiega l’avvocato Fabio Maugeri – che anche il signor Vito Zappulla sia stato vittima di un fatto analogo. È entrato in ospedale che stava bene, la sera prima di morire aveva pure fatto una videochiamata visto che a causa del covid, era vietato l’ingresso in ospedale in presenza. L’indomani mattina era morto senza che soffrisse di alcun disturbo particolare. La stessa notte durante la quale è morta una delle due donne per cui la procura contesta l’omicidio volontario”. L’avvocato di Zappulla chiede adesso che l’esame tossicologico venga svolto a 360 gradi non solo per quanto riguarda le benzodiazepine, ma per altre sostanze che potrebbero essere state letali.
“Questa storia aggiunge dolore al dolore, sapere che la mia zia, sorella gemella di mia mamma, non è stata chiamata in cielo dal buon Dio, che probabilmente sarà stata la mano dell’uomo a intervenire, ci reca un maggiore dolore”: sono le parole di Gabriella Piccione, nipote di Maria D’antone, una delle due donne morte secondo la procura di Catania, per mano dell’infermiere reggino.
“Mi auguro che anche gli altri tre che stanno facendo lo stesso percorso, le salme dei parenti riesumate alla stregua di mia zia, non abbiamo a patire questo stesso dolore che in questo momento abbiamo noi”.
Addolorato si lascia andare Francesco Monaco, marito di Graziella vecchio, la seconda donna morta al Cannizzaro e su cui sono state trovare le benzodiazepine: “Lo devono chiudere in carcere e devono buttare via la chiave – dice Monaco – non deve uscire più. È stato un fatto grave non solo per mia moglie, ma anche per gli altri”.
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